b.
Verona, 1979. I live and work in Milan.
In
the last 15 years, my installations and photography have been exhibited in
both private and public Institutions worldwide. My work has been displayed
at the Embassy of Italy in Washington D.C., the European Parliament in
Brussels, and The Italian Cultural Institutes in London, Singapore, San
Francisco, and Vienna and more.
Since
October 2017 my work “Waves of Light” has been permanently installed at the
Hospital San Raffaele in Milan.
My
focus embraces contemporary artistic interpretations of photography, in
addition to conceptual “mobile installations” created on a large scale, to
interact within the existing architecture.
The
conceptual aspect combines a focus on installation within
its environment (according to its shape and history) and developing
an on-going dialogue with the space that surrounds it, offering new
ways for the public to observe and enjoy their installation.
Currently, I am expanding
my conceptual vision through a mobile sculpture, which includes sound
component. I call this invention “Mollofono." It is actually
an interactive mobile musical instrument that is linked to smartphones, tablets
and other electronic media via software applications; A device is
attached to the sculpture and is connected via a smartphone. The
sculpture initiates vibrations from the touch of the player. The
player can control the sound through the smartphone’s app.
Lisa Borgiani Artis. Multifaceted artist working with photography, painting, and installations. Lisa exposed in numerous galleries, museums, art fairs
artista, si confronta con fotografia, pittura e installazioni. Vive a Milano dopo un lungo periodo di lavoro negli Stati Uniti.
Ha esposto opere e installazioni in varie gallerie, fiere d'arte, Istituzione pubbliche e private, Ambasciata di Italia a Washington DC, Consolato Americano in Italia, Comune di Verona, Istituto Italiano di Cultura di Londra, New York, Singapore, Vienna, Parlamento Europeo di Bruxelles.
Il tema che la sta appassionando negli ultimi tempi è 'Studio (di) molle' . Qui la molla (creata in materiale leggero e flessibile) è simbolo di armonia, forza, energia.
Ogni opera, infatti, ha studio e significato proprio, viene dipinta e interagisce con lo spazio e l'architettura circostante.
Lo scorso settembre ha inaugurato la mostra 'Il cerchio e l'ascesa' a Palazzo dei Giureconsulti a Milano curata da Flaminio Gualdoni, l'installazione 'Homage to the American Flag' a Palazzo Bovara con la Camera di Commercio Americana a Milano.
Ha, inoltre, installato l'ultima sua opera 'be-molle' commissionata dallo showroom Marmi Due Ci di Rivoli Veronese.
Per un'installazione di Lisa Borgiani
Flaminio Gualdoni
Non il vortex e lo sviluppo in progressione, non il costrutto babelico bruegeliano e tatliniano, non la spirale
nata da Fibonacci.
All'inizio la fascinazione e l'innesco per Lisa Borgiani sono stati l'idea di energia rattenuta, di dinamica
potenziale ed effettiva, di sviluppo grafico spazialmente decisivo impliciti nelle molle: shapes geometricamente
perfette, disegni spaziali, ragioni essenziali d'uno sculturale possibile, di una consistente presenza
modificante nell'ambiente.
Non interessava tanto all'artista la ragione oggettuale, e men che meno funzionale, e quindi neppure lo
straniamento d'uso possibile. Della molla, fosse essa a elica o nata da una spirale piana, la scintilla suggestiva
era ed è nella sua carica astrattamente grafica: e negli umori simbolici, nei retrogusti e nei trascorrimenti,
che porta in se stessa.
Conta la sua ratio, il mathema che le è innato e che, al di là d'ogni tradizione d'utilità, la fa processo
d'ascensione dinamica che connette alto e basso, che traduce l'energia potenziale in moto dello sguardo
e dell'affetto: con riverberi tra mitici e mistici, ben sapevano i barocchi.
Esperienze non banali intorno a questo motivo sono state affrontate nella modernità. Penso alla memorabile
Grande spirale che Ettore Colla pose a Spoleto in "Sculture nella città", 1962, alto menhir conficcato
a collidere con l'orizzonte e spinto non verso la terra ma verso il cielo dalla sagoma di molla a elica che
lo avviluppa e lo decide. Penso, ancora, a Puissance Neuf di Yaacov Agam, 1970-1971, operazione complessa
e sapienziale di moltiplicazione di cerchi che innescano figure mentali ondose e spiraliformi.
Dunque, Borgiani parte da una struttura che è primariamente grafica assumendola nella sua asciuttezza
mentale, e la fa diversamente collidere con il mondo dell'esperienza fisica. Assume un ambiente concreto
a forte caratterizzazione, figlio della nostra storia, e vi immette le sue sculture demateriatissime che, veri
disegni spaziali, accendono squilibri fastosi nella staticità del luogo.
In questa occasione il confronto e il meccanismo di modificazione avviene in un corpo architettonico a
forte connotazione. Il Palazzo dei Giureconsulti è edificio autorevole di un classicismo nobile, cui l'impronta
manierista conferisce un'essenzialità visiva ammantata di cadenze volumetricamente potenti per
quel ritmarsi di pieni e di vuoti, per la presenza forte delle colonne binate, per l'ampia autorevolezza delle
arcuature.
Borgiani vi introduce la contraddizione dolce dei suoi disegni spaziali, come lampi cromatici che marcano
lo spazio conferendogli andamenti impreveduti e aperti, orientamenti irrituali, scorrerie di una sinuosità
non meno geometricamente ripensata della commensuratio che ha deciso il luogo.
Soprattutto, determinano una qualificazione diversa del luogo contrapponendo alla simmetria chiusa sviluppi
aperti, al pondus architettonico lo squilibrarsi vigoroso e nitido, e alla gravitas delle membra architettoniche
e alla loro implicita idea di perfezione aromi di tensione all'infinito, una diversa misura e
proporzione.
S'è detto di contraddizione dolce. L'artista ha dismesso l'armamentario ormai accademizzato dell'avanguardismo
fatto di provocazioni e di simulazioni di reato, e si tiene parimenti alla larga dal rigorismo dimostrativo,
dal compitare algido dei chierici del metodo. Non immette disturbi, disagi visivi, e non riduce
tutto a predicozzo da ragionieri della forma. D'altro canto, non si consente la facoltatività postmoderna
del tout possible, del cinismo visivo.
Anzi. La filigrana dei suoi interventi ha piuttosto un che di straniata matisseria, un riportarsi e rapportarsi
all'universo curvilineo per andamenti lussureggianti ma non capricciosi, anzi figli d'un pensiero che delucida
forme, e modi, e strutture, ma non per via di sottrazioni luterane bensì per addizioni e iperdeterminazioni
cui non sia estranea una componente distillata, e concettualmente non arbitraria, di gioco.
Di gioco, e d'una trasparente sensualità, d'un qualificare per addizione il luogo con le spire d'un andamento
dalle sinuosità padroneggiate, d'un colore che irradia frequenze d'alta temperatura che costeggiano
l'irrazionale ma risentendo d'un preciso aroma di metafisico. Sono ancora, queste immissioni
ambientali di Borgiani, altro. Hanno il valore del tono musicale dallo sviluppo altro, di piena identità, rispetto
all'ambito sonoro dato: per equivalenza cagiana, sono intromissioni che espandono, riqualificano,
schiudono prospettive anche fantasticanti, insieme fisiche e mentali.
Sono, infine, veri luoghi: come per il grande e compianto Yves Bonnefoy, non è il vero luogo a convertire
lo sguardo, è lo sguardo che converte i luoghi del mondo in vero luogo.
For an installation by Lisa Borgiani
Flaminio Gualdoni